La Grecìa Salentina, unica nel suo genere, per il suo idioma, costituisce un polo d’ attrazione culturale per la presenza di svariate tradizioni, usi e costumi. Come narrano l’ Arditi e il Palumbo, la tipica casa greco – salentina non è mai in contatto con la strada: un artistico portale la separa da questa, immettendo in un cortile (di forma quadrata o rettangolare) che costituisce con le abitazioni la casa a corte plurifamiliare (reminescenza del “Megaron” della Grecia antica), comprendendo un pozzo comune, il retrostante giardino, le stalle, gli ovili, i pollai. L’abitazione, quasi sempre a piano terra, veniva costruita con l’ utilizzo della pietra locale (detta pietra leccese), che era tenuta insieme da un impasto di argilla. I muri venivano imbiancati con calce mentre il pavimento era costituito da lastre levigate di pietra.
In soffitto, prima costruito con canne e tegole venne sostituito col tempo da quello in muratura del tipo a “volta”, a “botte”, o a “stella”. Nel pavimento venivano scavate alcune buche coperte da botole, e adibite a granili o depositi per le derrate alimentari. Nella tenera roccia calcarea venivano inoltre scavate delle pile per la conservazione dell’ olio; in Nella famiglia greco – salentina il padre aveva una posizione preminente, mentre alla moglie, pur essendo importante per l’ educazione dei figli (che potevano raggiungere il numero di 13 – 14) e per la conduzione dell’ economia domestica, era riservata una posizione subalterna. La stessa posizione veniva riservata alle figlie femmine nei confronti dei maschi e di tutta la prole nei confronti del primogenito. L’abbigliamento degli uomini (quasi sempre col volto rasato) era costituito da pantaloni corti e stretti, con il resto delle gambe coperto da calze a maglia variopinta; il corpetto e la giacca corta erano orlati come i calzoni da un nastrino nero, mentre il bavero della giacca era impreziosito da un bordino di velluto scuro. In testa avevano il cappello frigio a forma di cono con la punta ripiegata sull’ orecchio destro. Il colore del vestito era sempre turchino, mentre il tessuto poteva essere di lana o di cotone. Ledonne avevano una lunghissima vestaglia, stretta da una cintura interna a cui era appesa una piccola borsa in tessuto. La gonna, con una serie di grandi pieghe, andava ad unirsi al corpetto aderente e moderatamente scollato; i loro capelli neri erano raccolti dietro la nuca e divisi da una scriminatura dritta. Sulla testa avevano inoltre un fazzoletto, che era scuro per le più anziane, colorato per le più giovani. Erano le stesse donne a provvedere al rifornimento idrico, attingendo l’ acqua da una serie di pozzi comuni (ta frèata). Tra le forme di superstizione vale la pena di citare una tipica usanza presente un tempo a Castrignano dei Greci: al braccio delle donne incinte veniva legata la cosiddetta “petra prena” (pietra delle gestanti), la quale impediva l’ aborto e agevolava una buona gravidanza. Inoltre era era in uso strizzare i capezzolini alle neonate per favorire la secrezione del latte in età adulta (latte che era ritenuto migliore se proveniva da donne brune piuttosto che bionde). La fantasia popolare voleva che alcune persone, e in special modo donne, fossero dedite al mondo dell’ occulto, e che mediante le loro pratiche esoteriche potessero influire sul destino degli uomini o far mutare il corso agli eventi. Un singolare personaggio legato al mondo dell’ occulto era inoltre il piccolo “Sciacuddhi” altrimenti detto “ascjacuddhi” o “scazzamurieddhu”). Questo era un folletto, un
Da: Castrignano dei Greci di: Angiolino Cotardo |